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Il momento più difficile di una gravidanza è sicuramente il parto, qui ormai la medicina ha fatto passi da gigante, ma esiste pur sempre una minima percentuale di pericolosità durante il parto. Siamo abituati a sentir parlare principalmente di due tipi di parto, quello naturale e quello cesareo. Nel primo caso però può esserci un'altra definizione, un termine tipicamente scientifico. Il parto naturale è spesso definito parto eutocico. Vogliamo a tal proposito approfondire in modo particolare il parto eutocico. Non è un termine utilizzato molto spesso in gravidanza, almeno dalla gente comune, ma è bene fare chiarezza sul parto eutocico. La definizione specifica di tale termine è alquanto semplice da comprendere, si parla di parto eutocico quando il feto e i vari annessi fetali sono espulsi in maniera assolutamente naturale attraverso il canale vaginale, senza quindi l'aiuto di alcun tipo di strumento. In realtà però il parto naturale non è solamente eutocico, può capitare ad esempio di dover invogliare il feto ad uscire in maniera naturale dalla vagina, in questo caso quindi si parla di parto distocico.
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Non per forza si fa riferimento ad un parto cesareo, esistono varie tecniche attraverso le quali è possibile facilitare l'espulsione del feto in maniera naturale, ma in questo caso non si può parlare di parto eutocico. Quest'ultimo avviene quindi spontaneamente, la donna insomma si ritroverà semplicemente a dover spingere, senza alcun tipo di complicazione. Questo dovrebbe essere anche il parto naturale per eccellenza, ma non sempre l'espulsione avviene con tale semplicità e i medici devono necessariamente lavorare al fine di garantire salute alla madre e al bambino. Solitamente quando subentrano delle complicazioni, non si riesce quindi a dar vita ad un parto eutocico, ci si aiuta con la classica ventosa che aderisce sulla testa del bambino, praticando una pressione molto dolce. E' uno dei metodi più usati per agevolare il parto naturale, ma qui si parla più precisamente di parto distocico.
Quando però non subentra alcun tipo di complicazione, il parto eutocico solitamente segue delle fasi ben distinte che sono quattro. Vi è inizialmente la fase prodromica, poi quella dilatante, entrambe costituiscono il cosiddetto travaglio. Subentrano a tal proposito altre due fasi come quella espulsiva e il secondamento, si arriva quindi alla nascita del bambino con la conseguente espulsione della placenta. Cosa accade durante il travaglio? Qui la donna gravida inizierà ad avvertire delle contrazione che saranno dapprima molto sporadiche per poi intensificarsi nel momento in cui il parto eutocico si avvicina. La cervice uterina con il passar delle ore tenderà sempre più a dilatarsi, questo perché dovrà agevolare il passaggio del feto. Le contrazioni in seguito diventeranno sempre più frequenti ed intense, qui il dolore sarà forte, ma sopportabile in quanto la donna inizierà praticamente ad abituarsi allo sforzo a cui andrà incontro. Si arriva poi al momento della dilatazione completa, solitamente deve essere di dieci centimetri, qui la donna avvertirà, in concomitanza con le continue contrazioni, l'impulso di spingere. Durante quindi il parto eutocico tale espulsione avviene in modo del tutto naturale, la donna si ritroverà con un po' di sforzo a far nascere senza alcun problema il bambino.
C'è una differenza sostanziale tra le nullipare, donne alle prese con la prima gravidanza, e le pluripare, coloro che invece hanno già affrontato precedenti gravidanze. Si tratta del tempo, nel primo caso si può impiegare anche sei ore e più affinché le quattro fasi del parto eutocico arrivino alla loro conlusione. Nel secondo caso invece il tempo impiegato per il parto può essere intorno alle due ore e mezza. Per quel che riguarda la rottura spontanea delle membrane amniotiche, la classica rottura delle acque, essa può avvenire prima, durante oppure al termine del travaglio, è importante però che il liquido perso sia limpido, se invece presenta un colore torbido o scuro significa che c'è stata sofferenza fetale e in questo caso saranno i medici a prendere subito in considerazione il da farsi per salvare il piccolo.
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